Il recente Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con la Procura della Repubblica di Napoli Nord, ripropone drammaticamente il tema dell’inquinamento dei nostri territori. Riapre, con un ulteriore focus scientifico, il tema del nesso di causalità tra tumori e ambiente inquinato. Proprio su questi aspetti è opportuno riflettere, evitando l’improduttivo e fuorviante scontro ideologico tra negazionisti e catastrofisti.
Il quadro che emerge sottolinea, ancora una volta, la persistenza di un gran numero di siti di smaltimento controllato o abusivo di rifiuti, anche pericolosi, dove si è proceduto anche a combustioni illegali. A fronte di bonifiche che segnano ritardi o colpevoli inadempienze.
Sotto il profilo sanitario i risultati indicano, tra l’altro, che la mortalità e l’incidenza per tumore della mammella è significativamente maggiore tra le donne dei comuni più impattati dai rifiuti, elevata l’ospedalizzazione per asma così la prevalenza dei nati pretermine e delle malformazioni congenite. L’incidenza delle leucemie, in età pediatrica e adolescenziale, aumenta significativamente passando dai Comuni a minor impatto con i rifiuti a quelli a maggior impatto.
Qual è l’altro aspetto che emerge dal Rapporto? Si applica il metodo della collaborazione tra istituzioni, come fortemente auspicato nell’unica indagine conoscitiva svolta a tutt’oggi dal Parlamento su inquinamento e salute, approvata all’unanimità nella scorsa Legislatura. È importante rilevare che anche altre Procure della Repubblica stanno usando la stessa metodologia, perché dal confronto tra i dati sanitari con quelli ambientali, geochimici e giudiziari possono essere agevolate analisi e favoriti interventi.
Un ulteriore elemento che indirettamente emerge dal Rapporto è che il fattore inquinamento atmosferico non è solo conseguenza dei roghi tossici ma anche riconducibile ad altri fattori quali ad esempio le polveri sottili classificate come causa del carcinoma polmonare. Secondo i parametri dell’OMS, più stringenti, c’è un vertiginoso aumento della popolazione esposta a concentrazioni dannose per la salute: per il PM2,5 ben l’85-91% della popolazione, per il Pm10 il 50-63%. A tal proposito è opportuno ricordare che i limiti posti dall’UE sono più alti e ciò significa che si riduce il numero di popolazione urbana esposta. Su questi aspetti confliggono posizioni politiche internazionali, come ben noto.
Ancora alcune considerazioni, condividendo l’approccio scientifico che deve essere da guida. Il nesso tra inquinanti e malattia è già riconosciuto da tempo. Secondo i dati 2020 dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) sono 120 gli agenti riconosciuti cancerogeni per l’uomo, poi quelli probabili e possibili che sono ben 401. In considerazione dei vari fattori che sono causa di insorgenza dei tumori, si rileva nel Rapporto che “probabilmente i rifiuti hanno causato oppure hanno concorso in maniera con-causale alla loro insorgenza”. Certamente corretta sotto il profilo scientifico, il fattore probabilità crea non poche difficoltà nell’individuazione di un nesso di causalità in ambito giudiziario tra insorgenza delle malattie e presenza dei rifiuti.
Altro aspetto che merita ulteriore approfondimento è sulla contaminazione delle matrici ambientali. Infatti, dallo studio che riporta la ricognizione svolta presso gli enti competenti, emerge un quadro molto disomogeneo e con una disponibilità molto esigua di dati analitici della contaminazione ambientale e della caratterizzazione dei siti.
Sempre al fine di tutelare il diritto alla salute, sarebbe necessario potenziare gli studi di epidemiologia analitica che valutano l’associazione tra un fattore, come l’esposizione o il fattore di rischio, e la malattia. Soprattutto restringendo il campo di analisi a microaree per avere una sempre più puntuale determinazione.
In definitiva, il percorso è già iniziato ma si richiede una cultura diffusa e politica volta al riconoscimento dell’ambiente come bene comune.